Quello non era sicuramente un settembre poco afoso. Le strade riversavano sul paesino napoletano di Corzano automobili inquiete e le fermate degli autobus erano affollate come non mai da ragazzi ancora assonnati, violentati del loro fugace letargo estivo, la maggior parte in vista con quegli occhialoni per il sole che coprono gli occhi dalla luce e dal ritorno alla quotidianità, impreparati all’inizio di un nuovo anno scolastico. Davide era tra loro, con tra le mani due quaderni a quadretti e nel taschino della sua camicia azzurra due penne nere. Le cuffie dell’iPod alle orecchie lo estraniavano dal mormorio della gente, da quella folla alla quale era alquanto impreparato. Aveva frequentato gli anni della scuola media superiore nel liceo del suo amato paesino, a cinque minuti di distanza da casa sua, e l’esperienza di spostarsi ogni mattina alla volta della città era alquanto nuova quanto eccitante. Davide aveva dentro di sé la voglia di ricominciare, di ricostruire se stesso e soprattutto di iniziare a costruire la sua vita. Aveva trascorso fino ad allora gli anni dell'adolescenza nella sua timidezza, nella debolezza che non gli permettevano di viversi per come voleva, che lo avevano costretto a rinchiudersi in un mondo in cui filtrava davvero poco, un mondo in cui la maggior parte dello spazio era occupato dai suoi centosessantadue chili. L'obesità era per Davide un problema al quale non voleva guardare in faccia, un'altra di quelle aggiunte che contribuivano al suo sentirsi sempre più impacciato e inadeguato. Erano tanti i momenti in cui sentiva di non appartenere al mondo, quelli in cui abortiva in lui la sua voglia di urlare, di gridare, di provare a fare qualcosa per uscirne, uscire da quella trappola per la quale lui stesso si sentiva senza appartenenza. Quella mattina tamburellavano le sue dita sulle ginocchia in sintonia con le note di Vasco che rimbombavano alle sue orecchie, nella sua testa e intanto dopo un’ora e trenta di viaggio si accorse che era quasi giunto a destinazione. Com'era strano per lui respirare l'aria mattutina della sua città. Improvvisamente sentì vibrare il telefonino che aveva nella tasca dei suoi jeans. Casa. Si affrettò a togliere le cuffiette e a rispondere alla chiamata.
- Mamma!
- Davide sei arrivato? Ero in pensiero!
- Si mamma, sto per scendere allo stazionamento, due minuti e sono all’università!
- Mi raccomando, Davide, fa attenzione!
- Si mamma, lo so! Faccio attenzione nel pullman, per strada, all'università, quando entro, quando esco...so tutto mamma, so tutto! Senti ora ti devo lasciare, devo ancora trovare l’aula, ci vediamo nel tardo pomeriggio!
- Davide sei arrivato? Ero in pensiero!
- Si mamma, sto per scendere allo stazionamento, due minuti e sono all’università!
- Mi raccomando, Davide, fa attenzione!
- Si mamma, lo so! Faccio attenzione nel pullman, per strada, all'università, quando entro, quando esco...so tutto mamma, so tutto! Senti ora ti devo lasciare, devo ancora trovare l’aula, ci vediamo nel tardo pomeriggio!
La madre di Davide è una donna alquanto ansiosa,
apprensiva, che conosce probabilmente più di tutti suo figlio, le
sue debolezze, la sua difficoltà nell’aprirsi al mondo e alle
persone che gli sono accanto e quella mattina era davvero preoccupata
che qualcosa potesse non andare come sperava.
- Mamma, ma la vuoi finire di trattarlo come un
bambino? Davide ha 18 anni! – le puntualizzò la sorella del
ragazzo che in cucina, mentre prendeva il suo caffellatte, aveva
ascoltato la telefonata.
- Carlotta, tu che ci fai ancora in pigiama? Fila
a prepararti! Lo sai come è fatto tuo fratello, ero in pensiero.
- Non è più il tuo figlioletto spaurito! E
comunque quante volte ti devo dire che questi biscotti al burro mi
danno pesantezza? Devi comprare qualcosa di più leggero!
- Si, oggi vado a trovare nonna e compro anche
qualcosa di buono per la colazione, ma corri a vestirti ora!
- Qualcosa di leggero, mamma, di leggero …
Carlotta è una quindicenne come tante, molto
diversa da Davide. Estroversa, logorroica, intraprendente, senza peli
sulla lingua. Frequentava, allora, il terzo anno di liceo
scientifico, lo stesso frequentato da Davide gli anni prima. Il
rapporto tra i due fratelli è sempre stato molto forte, cresciuti
insieme, legati nelle esperienze comuni e in un’adolescenza
condivisa nel vissuto e nelle stesse amicizie.
La mattinata passava tra il sole settembrino che
batteva forte e le prime ore che alla facoltà di ingegneria
scorrevano in balia delle prime nozioni di analisi matematica
riportate scrupolosamente in forma d’appunti da Davide.
- Quindi, ragazzi, mi raccomando ogni qualvolta
introdurremo condizioni necessarie e/o sufficienti. Fate attenzione
nel distinguerle e soprattutto nel percepirne la differenza nel
significato. Ricordate il senso della matematica è nell’espressione
della vita di tutti i giorni, come del resto l’ingegneria in
generale. Ora facciamo cinque minuti di pausa, poi riprendiamo.
Davide era profondamente affascinato dall’ambiente
che stava imparando a scoprire. Prima di scegliere il suo percorso di
studi ci aveva pensato tanto, amava molto anche la filosofia e la
storia, aveva letto Hobsbawm, Nietzsche, Kern, ma la passione per le
materie scientifiche era davvero smisurata e più i minuti scorrevano
e più si convinceva di aver fatto la scelta giusta. Approfittò di
quella pausa per prendere un po’ d’aria nel corridoio
avvicinandosi alla finestra che dava nel cortile interno
dell’università. Era intimidito, bloccato, si guardava attorno,
cercava di studiare i ragazzi che gli erano accanto, di capire se
avesse mai potuto trovare in loro quel filo conduttore che non era
riuscito a trovare in molti dei compagni che gli erano stati accanto
durante gli anni del liceo, quando improvvisamente si accorse degli
occhi di una ragazza posati costantemente su di lui. Aveva un sorriso
che colpiva, uno stile particolare, attento, curato fino all’ultima
spilla, non vi era nemmeno un accenno di stonatura nei colori che
indossava. A quegli occhi posati su di lui Davide arrossì fingendo
di non averci fatto caso, quando fu lei ad avvicinarsi.
- Davide Silvestro … classe quinta, sezione C!
– esclamò la ragazza poggiando le braccia sul davanzale della
finestra accanto a lui
- E tu sei … – faticò il ragazzo cercando di
ricordare il nome di quel viso non del tutto sconosciuto
- Laura, Laura Perone. Sezione B …
- Ah, ecco!
- Posso dire che non eccelli in memoria o ti
offendi? – sorrise lei.
- No, no, non mi offendo, tranquilla. Hai
ragione, ricordo le cose molto difficilmente.
- Pensa che io di te invece ricordo molte cose!
Ricordo, ad esempio, che eri l'amico inseparabile di Enrico, che
scrivevi sul giornalino della scuola, che hai recitato ne “La
gatta Cenerentola” al terzo anno...devo continuare?
Davide rimase sorpreso da quante cose di lui
conoscesse Laura. Era imbarazzato dalla presenza imponente ed
esplosiva della ragazza.
- E tranquillo so anche che sei di poche parole!
A me quelle sono l'unica cosa, forse, che non manca! Magari sembro
una sfacciata e logorroica diavola, ma poi in fondo sono
un'angioletta! Sai, invece, cosa si diceva al liceo di te?
- Cosa? – chiese Davide incuriosito
- Davide Silvestro: un orso silenzioso,
introverso, poco simpatico, secchione …
- In poche parole una palla! – sorrise lui
interrompendola
- Diciamo che da qualche minuto, come dire …
potresti essere la mia scommessa! Ti è mai successo di maturare una
scommessa all'istante? A proposito ma tu dove sei seduto? Io sono
rifilata ai banchi in fondo.
- Si, cioè no, non mi è mai successo. Comunque
io sono in terza fila, ci sono posti liberi!
- Ah bene, finalmente so dove spostarmi. Diventerò condizione necessaria e sufficiente alle tue favolose giornate universitarie, Davide Silvestro, il che è psicologicamente impegnativo, ti avviso!
- Ah bene, finalmente so dove spostarmi. Diventerò condizione necessaria e sufficiente alle tue favolose giornate universitarie, Davide Silvestro, il che è psicologicamente impegnativo, ti avviso!
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