giovedì 26 settembre 2013

Episodio Nove - In un giorno qualunque



Quel pomeriggio di settembre portò con sé qualche nuvola passeggera che regalò al paesino napoletano una lieve pioggia autunnale. Davide, dopo il racconto di Laura, aveva deciso di passare a casa di Enrico per provare a chiarire e capire cosa stesse accadendo all’amico, così bussò alla porta della sua abitazione. Ci bussò prima una, poi due, tre,  quattro volte quando fu lo stesso Enrico ad aprirgli.

- Ah sei tu. – lo accolse il ragazzo in asciugamano
- Credevo non ci fosse nessuno, stavo per andare. – spiegò Davide
- Ero sotto la doccia, i miei sono fuori. Hai trovato il cancello del portone aperto? – chiese freddamente Enrico
- La signora Bencivenga stava entrando con il cane e mi sono accodato a lei. Fuori piove.
- Non me ne ero accorto.
- Non mi fai entrare?

Enrico spalancò la porta lasciando che l’amico entrasse richiudendola poi alle sue spalle.

- Mi dispiace per l’altra sera. – cominciò Davide – Ero molto preoccupato per Emma e non riuscivo a stare tranquillo e a divertirmi.
- Sei stato tu che mi hai invitato lì e sei stato sempre tu che mi hai chiesto di aiutarti, non credevo che sarei rimasto solo come un imbecille tutta la serata altrimenti non avrei accettato.
- Hai ragione e mi dispiace, ti chiedo scusa.

Il silenzio tra i due divenne imbarazzante. Fu Davide che, dopo qualche secondo, prese nuovamente la parola. 

- Stamane ho parlato con Laura, cosa è successo ieri sera?
- Ah ecco perché sei venuto qui, non è per le scuse quanto la curiosità di sapere. – ribatté con toni forti Enrico - Mi sembrava strano, troppo strano, Davide che ha le palle di venire fino a casa mia e dirmi di aver sbagliato.
- Sarei venuto da te comunque. Quello che è successo con Laura ieri è stato solo un di più che mi ha spinto qui.
- Quello che è successo ieri con Laura sono solo affari miei!

A quelle parole Davide afferrò le spalle dell’amico così da poter incrociare i suoi occhi.

- Cosa hai, Henry? Cosa ti succede? Tu sei il mio migliore amico.

Lo sguardo di Enrico rimase impassibile, fisso in quello di Davide quando freddamente gli rispose con un filo di voce.

- Non mi succede nulla. Ora devo vestirmi, ho un appuntamento al giornale tra una mezz’ora.

Davide rimase completamente spiazzato da quella freddezza, da quell’Enrico che si era trovato di fronte quel pomeriggio e che non sembrava nemmeno lui, il suo amico di sempre. Si voltò senza dire altro, sbattendo la porta dietro di sé e lasciando il silenzio attorno ad Enrico, che, rimasto solo, poggiò la sua schiena al muro scivolando lentamente in terra e coprendo il suo volto con le sue braccia. Nel frattempo Carlotta era in villa comunale quando la prima pioggia della stagione, che la costrinse a rifugiarsi nel bar vicino, non abbandonava il cielo di Corzano. Aspettava inquieta che spiovesse quando si accorse della presenza di Kamal alla fermata dell’autobus a due passi dalla villa. All’arrivo dell’A20, il pullman che portava in città, il ragazzo si apprestò a salirvi e Carlotta fece di tutto per raggiungerlo. Ci riuscì per il rotto della cuffia, si avvicinò a lui attraversando il corridoio dell’autobus ormai completamente bagnata quando ancora col fiatone irruppe al suo fianco.

- Kamal, ce l’ho fatta!
- Ma cosa hai combinato? Sei tutta fradicia. – le disse lui sorpreso
- Ti ho visto alla fermata e volevo salutarti.
- Ma ci siamo visti stamattina e ci vedremo domani in classe e poi se sale un controllore e ti trova senza biglietto rischi anche la multa. Potevi rimanere dov’eri.
- Posso dirti una cosa Kamal? Sei proprio acido e antipatico. – esclamò Carlotta premendo il tasto al suo fianco per prenotare la fermata e poi recarsi presso la porta posteriore del pullman scendendo dopo qualche secondo.

Kamal decise allora di raggiungere la compagna seguendola.

- Carlotta!
- Cosa vuoi? – gli rispose lei rifugiandosi sotto un balcone
- Scusami, hai ragione. A volte so essere davvero insopportabile.
- A volte?!? Direi molto spesso. Caro Kamal il fatto che intorno a te ci possano essere persone che ti giudicano per la tua pelle, la tua religione o le tue abitudini non ti dà il diritto di comportarti in questo modo con chiunque ti stia accanto, compresi coloro che invece magari vogliono solo offrirti la loro amicizia. Sei tu la prima persona che emargina te stesso in questo modo!
- Ma cosa vuoi saperne tu di come sto?
- Ah certo, che ne posso sapere io che sono semplicemente un’italiana, cattolica non praticante, che non riceve scritte razziste sui muri? E’ questo che vuoi dire, no? Intanto io ho cercato di fare di tutto per capire qualcosa di te, di te Kamal-persona e lo avrei fatto anche se tu fossi stato un signorino della Napoli alta con la puzza sotto il naso!
- Io non voglio crocerossine che per il puro spirito di compassione soccorrono il povero ragazzino deriso.
- Tu non vuoi amici, Kamal, è diverso!  Così è a nuove amicizie che stai sbattendo la porta in faccia, non a crocerossine. Io non ho compassione per te, sono solo delusa dal tuo sguazzare nel ruolo di povera vittima!

Così Carlotta si allontanò arrabbiata e delusa. Aveva creduto di farcela nell’aiutare Kamal a capire che non tutti erano come quei ragazzi che lo deridevano o addirittura avevano paura di lui, ma si convinceva sempre di più che probabilmente lui in primis non sentiva il bisogno di conoscere persone che potessero avere non altro che interesse nel gettare le basi di una buona amicizia. In serata, invece, a casa Bellaria tutto era pronto per la cena che avrebbe ufficializzato il rapporto tra Caterina e  Giacomo. I due erano alquanto nervosi, intimiditi, ansiosi ma anche felici. I genitori di Caterina conoscevano Giacomo dai primi anni del liceo e non erano affatto dispiaciuti del fatto che fosse un buon partito, figlio di uno dei più noti e benestanti assessori di Corzano. All’arrivo degli ospiti il sorriso era stampato costante sul volto della madre di Caterina, mentre sorpreso e preoccupato apparve quello del signor Bellaria. L’intraprendenza e l’ospitalità della donna furono così contrapposte al mutismo e all’imbarazzante assenza dell’uomo, mentre la madre di Giacomo era intenta a fare di tutto affinché il figlio potesse essere fiero di lei. Sembrava davvero che tutto proseguisse per il meglio tra i racconti delle donne sull’infanzia dei figli e su episodi che appartenevano all’adolescenza condivisa dei due ragazzi. A metà cena la madre di Giacomo si allontanò verso il balcone per fumare una delle sue irrinunciabili sigarette, mentre la signora Bellaria ne approfittò per dare gli ultimi ritocchi alle portate che sarebbero seguite. Caterina e Giacomo si scambiavano le proprie impressioni positive sulla serata appartati sul divano quando il padre della ragazza si diresse anche lui verso il balcone.

- Posso accendere da te? – domandò alla donna che intanto rimase sorpresa dall’improvviso cambio di tono dell’uomo che si rivolse a lei d’un tratto dandole del tu.

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