mercoledì 18 settembre 2013

Episodio Cinque - La cura



Nonostante le ore piccole fatte con Caterina la sera prima, accompagnata a casa a notte inoltrata, Giacomo si alzò presto quella mattina, optò per una doccia e poi si diresse di corsa al bar per un cornetto e un cappuccino. Si sentiva vivo, sentiva di aver finalmente trovato qualcosa per cui poter tornare a sorridere e vivere serenamente. Suo padre aveva deciso di ricominciare una vita e costruire una famiglia con un’altra donna quando lui aveva solo cinque anni e per questo la madre era caduta in una forte depressione cronica che ormai durava da anni. Il signor De Rosa aveva fatto di tutto per recuperare il rapporto con suo figlio, ma inutilmente, soprattutto da quando la sua nuova  famiglia aveva visto l’arrivo, a distanza di pochi anni, di due bambini, un maschietto e una femminuccia, che Giacomo non aveva mai voluto vedere o anche solo sentirne parlare. Era un pugno ogni giorno per lui vedere la madre sfiorire, affogare in pillole antidepressive, incontri inutili con lo psicologo, appassire su un divano tutta la giornata dormendo o annegando in telepromozioni e programmi televisivi di cartomanti a ricercare chissà quale risposta, quale rassicurazione. Caterina apparve per Giacomo una delle cose più belle che gli si erano presentate negli ultimi anni. Il ragazzo tornò a casa nel primo pomeriggio con un sacchetto del pranzo che si era fermato a comperare per lui e la madre al take-away sotto casa.

- Mamma ci sei? Mamma?!? – Giacomo si avviò verso la camera della donna trovandola a letto ancora ad occhi chiusi – Mamma sono le due del pomeriggio, dai alzati, ho portato il pranzo. Mamma, mi senti? Stanotte mi sono addormentato alle cinque e ancora dovevi tornare. Dove sei stata stanotte? Mamma …
- Giacomino … Giacomino mio, vieni qui, Giacomino!
- Dimmi mamma, sono qua, dimmi!
- Ha chiamato tuo padre, Giacomino? – chiese la donna sillabando con un filo di voce
- Mamma, sono quattordici anni che quell’uomo non chiama in questa casa e tu lo sai bene. Ora ti vuoi alzare?
- Prendimi le pillole nella borsa, per favore, ho bisogno delle pillole.

Gli occhi di Giacomo cominciarono a luccicare, dopo tanti anni non era ancora riuscito a costruirsi una corazza nel vedere la madre in quello stato. Si avvicinò alla sedia dove era riposta la borsa con le lacrime agli occhi, la aprì, era lì il flacone degli antidepressivi, era lì mezzo vuoto. Improvvisamente il ragazzo si voltò verso la donna sbattendo le pillole contro il muro.


- Guardati allo specchio, mamma, guardati allo specchio, cazzo! – cominciò ad urlare – Sei un automa, non ti riconosco più, guardati! Ho detto guardati! – provò ad alzarla dal letto tirandola per il braccio cercando di incrociare i suoi occhi – Alzati, reagisci, sfogati, ma fa qualcosa! Meriti una vita normale, io merito una vita normale, una madre normale, che sia lei a svegliarmi la mattina, che si incazzi perché ho deciso di non iscrivermi all’università! Cazzo, mamma, cazzo! Guarda come ti sei ridotta per un pezzo di merda come quello!

La madre scivolò sul pavimento in lacrime e dopo qualche secondo anche Giacomo si accasciò in terra abbracciandola forte.


- Passerà, mamma, ti prometto che passerà, ma dobbiamo essere forti. Io avrò cura di te. – le sussurrò all’orecchio accarezzandole i capelli – Quell’uomo la pagherà per tutto il male che ci ha fatto e che ci sta continuando a fare!


In serata tutto era pronto per la festa organizzata da Davide e Laura a casa di quest’ultima. La ragazza si era davvero impegnata affinché tutto potesse essere perfetto, aveva distribuito gli inviti a tutti i ragazzi del corso, un centinaio circa. Aveva pensato lei alle bibite e ad un piccolo buffet, mentre Davide si era occupato della musica con l’aiuto paziente di Enrico.

- Allora il nonno è a letto, gli ho messo sul comodino quattro dvd de “La storia siamo noi”. – esclamò Laura accogliendo Davide ed Enrico arrivati qualche minuto prima - Le luci sono apposto, i tavoli anche … e io come sto? Vi piace questo vestitino a fiori o è troppo appariscente? L’ho preso oggi da Gilez, vi prego ditemi che vi piace.
- Stai benissimo, Laura! – sorrise Davide – Capelli, vestitino, scarpe, collana: tutto perfetto! Ora la mia preoccupazione è un’altra, se vengono tutti siamo rovinati, dove li mettiamo?
- Ma dai, c’è una villa intera, al massimo si distribuiscono tra la piscina e le camere! – sogghignò Enrico – Ma Emma? Non doveva esserci anche lei? – chiese poi a Davide
- Non lo so! – sbuffò preoccupato – Ha il telefono spento da oggi e a casa sua non risponde nessuno. E’ strano, mi ha detto che sarebbe arrivata nel secondo pomeriggio e invece nulla, nemmeno un messaggino. Inizio a preoccuparmi!
- Davide, niente pensieri. – intervenne Laura – Questa è una serata importante, via le preoccupazioni, è un ordine! Vedrai che la tua amica sta bene. Ho fatto anche la mia ipercalorica Kinder Delice, piena di cioccolato … non è una torta, è un bimbo! Lo sento, questa è la serata giusta.
- Giusta?!? Per cosa? – chiese sgranando gli occhi Enrico
- Per trovare l’uomo della mia vita. – sospirò la ragazza – Bello come Matt Bomer, ricco come Briatore, e poi affascinante, con belle mani, una bella voce come quella di Luca Ward, avventuroso e impavido come Robin Hood e la ciliegina sulla torta una centocinquantanove nera e una bella moto ultima generazione …
- Amore mio, sveglia! Prendi fiato e esci dal mondo dei sogni! – la interruppe Enrico con un sorriso diabolico sul volto – Lo sai, vero, che con questi presupposti sei destinata a rimanere zitella per i prossimi … diciamo centoventicinque anni?

In pochi minuti villa Perone cominciò a popolarsi. Una cinquantina di persone accettò l’invito dei ragazzi, l’atmosfera era davvero delle migliori, solo Davide non riusciva a condurre la propria mente altrove, era molto preoccupato. Che fine aveva fatto Emma?

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