domenica 22 settembre 2013

Episodio Sette - Dalla pelle al cuore



Una settimana volò via e a Corzano il sole settembrino iniziava a lasciar spazio ad un lieve venticello e a qualche nuvola. Mancavano pochi giorni all’inizio dell’autunno e quella mattina Giacomo e Caterina si incontrarono alla caffetteria del paese. Lei si accorse che il ragazzo era strano, come di lì a qualche giorno. Era preoccupata che potesse essere lei il motivo di quello stato d’animo o qualche disagio del ragazzo nella loro storia d’amore appena consolidata.

- Cosa c’è che non va? – chiese lei girando il cucchiaino nel suo caffè – Sono giorni che sei silenzioso, che non trascorriamo una serata insieme. Ho fatto qualcosa di sbagliato, qualcosa che ti ha dato fastidio?
- No, Caterina, non è per te. Ho dei problemi a casa con mia madre. – abbassò lo sguardo
- Cosa succede? Mi fai preoccupare. Sta male ancora per tuo padre?
- Quell’uomo è la cosa grave. – rialzò lentamente gli occhi – Solo quell’uomo è il mio problema.
- Sono passati tanti anni, Giacomo.
- Anni in cui lui era felice, tranquillo, in cui sguazzava nel suo denaro, nel suo lavoro, nella sua politica. Me lo sono immaginato ogni Natale, ogni Pasqua, ogni festa al tavolo con la sua “adorata” famigliola della Mulino Bianco, con quel sorriso del cazzo stampato sul volto ed io e mia madre … dimenticati. Io ho trascorso, per colpa sua, tutti questi anni tra le lacrime di mia madre, nella sua depressione, nel vederla morire giorno dopo giorno e sai cosa si prova a veder morire la persona che più ami al mondo?
- Non basta rimanere a guardare. Bisogna fare qualcosa prima che lei si distrugga del tutto. Non puoi rimanere a vederla morire, fa male anche a te!
- E cosa posso fare? – chiese allora con le lacrime agli occhi Giacomo
- Io sono qui, ti sono accanto. Tua madre esce quasi ogni sera, no? Iniziamo a capire dove va, chi frequenta, chi può dirci qualcosa di più, magari ha un’amica con cui si sfoga. Non puoi sperare che tua madre guarisca dalla sua depressione da sola, o semplicemente con l’aiuto di uno strizzacervelli!

Grazie a Caterina Giacomo iniziava a convincersi che la cosa migliore da fare era quella di aiutare attivamente la madre. Nel frattempo al liceo scientifico “Giordano Bruno” di Corzano Carlotta e Stefania erano in bagno durante il cambio dell’ora. Quest’ultima fumava la sua solita sigaretta quando cominciò a raccontare all’amica che era lì a farle compagnia.

- Guarda beata te che sei entrata alla seconda ora! Non sai che palle che ci ha fatto la Saponero, lei e il suo protetto.
- Ma perché cosa è successo?
- Ah non lo sai …
- Chi è il protetto della Saponero?
- Quello … l’indiano!
- Kamal! E’ iraniano, non è indiano. Stefy non mi dire che sei razzista!
- Ma sei pazza?!? Io no, ma qualcuno ha scritto nel bagno dei ragazzi a caratteri cubitali “islamico terrorista”. Non sai com’era arrabbiata la professoressa. Ma poi che ne sa che è stato uno di noi? E poi, scusami eh, è vero che non bisogna fare di tutta l’erba un fascio, ma chi lo conosce a questo qua? Chi ci dice che un bel giorno non si fa scoppiare in classe? Cioè è normale che ci possiamo aver paura, no? Ora il preside l’ha fatto chiamare per chiedergli scusa da parte della scuola, ma spero solo che non puniscano tutti, quest’anno abbiamo anche i crediti formativi che hanno valore!
- Chissà come si sentirà ora …
- Chi, il preside?
- No, scema … Kamal! Devo parlargli, è in presidenza?
- Carlotta non fare stronzate, non ti mettere in mezzo a questa faccenda.
- Devo parlare con Kamal!

Carlotta si allontanò di corsa da quella cappa di fumo dirigendosi verso l’ufficio del preside quando si accorse che Kamal era vicino al cancello in procinto di lasciare l’istituto. Si affrettò a raggiungerlo.

- Kamal, fermati, per favore!

Il ragazzo proseguì a passo svelto, mentre Carlotta riuscì a raggiungerlo e a stargli dietro.

- Kamal, mi dispiace, sono stati dei cretini!
- Un ciula è stato, ciula e razzista!
- Ciula?!?
- Non è iraniano, ma torinese! Un ciula, un cretino!
- Hanno sbagliato, non sei un terrorista!

Il ragazzo si arrestò d’un tratto guardando Carlotta negli occhi.

- Non sono nemmeno un islamico! Io sono un musulmano, un musulmano!
- Hai ragione su tutto, ma che senso ha scappare? Kamal, ascoltami, se scappi la dai solo vinta a quegli stupidi, è questo che loro volevano, lo capisci? L’Italia è un paese ipocrita, perché la gente dentro le proprie case è quello che non mostra. Pensi che possiamo fare qualcosa scappando?
- Ah allora magari dici che domani dovrò tornare lì e scrivere sui muri “terroni ladri”, magari capiscono cosa significa sentirsi come mi sono sentito io oggi. Lasciami stare Silvestro. Io non voglio scappare, voglio solo vivere la mia vita in santa pace e soprattutto non ho bisogno di avvocati difensori, non sono una vittima di nulla!

Così Kamal si allontanò lasciando lì Carlotta senza parole. Intanto Enrico bussò alla porta di Laura, che aprì sorpresa di quella visita.

- E tu che ci fai qui? – gli chiese
- Non lo so. – le rispose lui sconvolto
- Che succede, Enrico?
- Ho bisogno di fare una cosa. Non mi fare domande, ti prego. So che mi perdonerai.

Ancora fuori dalla porta della stanza di lei Enrico poggiò improvvisamente e inaspettatamente le sue labbra su quelle di Laura gelando quel momento con un bacio.

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