Una settimana volò via e a Corzano il sole
settembrino iniziava a lasciar spazio ad un lieve venticello e a
qualche nuvola. Mancavano pochi giorni all’inizio dell’autunno e
quella mattina Giacomo e Caterina si incontrarono alla caffetteria
del paese. Lei si accorse che il ragazzo era strano, come di lì a
qualche giorno. Era preoccupata che potesse essere lei il motivo di
quello stato d’animo o qualche disagio del ragazzo nella loro
storia d’amore appena consolidata.
- Cosa c’è che non va? – chiese lei girando
il cucchiaino nel suo caffè – Sono giorni che sei silenzioso, che
non trascorriamo una serata insieme. Ho fatto qualcosa di sbagliato,
qualcosa che ti ha dato fastidio?
- No, Caterina, non è per te. Ho dei problemi a
casa con mia madre. – abbassò lo sguardo
- Cosa succede? Mi fai preoccupare. Sta male
ancora per tuo padre?
- Quell’uomo è la cosa grave. – rialzò
lentamente gli occhi – Solo quell’uomo è il mio problema.
- Sono passati tanti anni, Giacomo.
- Anni in cui lui era felice, tranquillo, in cui
sguazzava nel suo denaro, nel suo lavoro, nella sua politica. Me lo
sono immaginato ogni Natale, ogni Pasqua, ogni festa al tavolo con
la sua “adorata” famigliola della Mulino Bianco, con quel
sorriso del cazzo stampato sul volto ed io e mia madre …
dimenticati. Io ho trascorso, per colpa sua, tutti questi anni tra
le lacrime di mia madre, nella sua depressione, nel vederla morire
giorno dopo giorno e sai cosa si prova a veder morire la persona che
più ami al mondo?
- Non basta rimanere a guardare. Bisogna fare
qualcosa prima che lei si distrugga del tutto. Non puoi rimanere a
vederla morire, fa male anche a te!
- E cosa posso fare? – chiese allora con le
lacrime agli occhi Giacomo
- Io sono qui, ti sono accanto. Tua madre esce
quasi ogni sera, no? Iniziamo a capire dove va, chi frequenta, chi
può dirci qualcosa di più, magari ha un’amica con cui si sfoga.
Non puoi sperare che tua madre guarisca dalla sua depressione da
sola, o semplicemente con l’aiuto di uno strizzacervelli!
Grazie a Caterina Giacomo iniziava a convincersi che
la cosa migliore da fare era quella di aiutare attivamente la madre.
Nel frattempo al liceo scientifico “Giordano Bruno” di Corzano
Carlotta e Stefania erano in bagno durante il cambio dell’ora.
Quest’ultima fumava la sua solita sigaretta quando cominciò a
raccontare all’amica che era lì a farle compagnia.
- Guarda beata te che sei entrata alla seconda
ora! Non sai che palle che ci ha fatto la Saponero, lei e il suo
protetto.
- Ma perché cosa è successo?
- Ah non lo sai …
- Chi è il protetto della Saponero?
- Quello … l’indiano!
- Kamal! E’ iraniano, non è indiano. Stefy non
mi dire che sei razzista!
- Ma sei pazza?!? Io no, ma qualcuno ha scritto
nel bagno dei ragazzi a caratteri cubitali “islamico terrorista”.
Non sai com’era arrabbiata la professoressa. Ma poi che ne sa che
è stato uno di noi? E poi, scusami eh, è vero che non bisogna fare
di tutta l’erba un fascio, ma chi lo conosce a questo qua? Chi ci
dice che un bel giorno non si fa scoppiare in classe? Cioè è
normale che ci possiamo aver paura, no? Ora il preside l’ha fatto
chiamare per chiedergli scusa da parte della scuola, ma spero solo
che non puniscano tutti, quest’anno abbiamo anche i crediti
formativi che hanno valore!
- Chissà come si sentirà ora …
- Chi, il preside?
- No, scema … Kamal! Devo parlargli, è in
presidenza?
- Carlotta non fare stronzate, non ti mettere in
mezzo a questa faccenda.
- Devo parlare con Kamal!
Carlotta si allontanò di corsa da quella cappa di
fumo dirigendosi verso l’ufficio del preside quando si accorse che
Kamal era vicino al cancello in procinto di lasciare l’istituto. Si
affrettò a raggiungerlo.
- Kamal, fermati, per favore!
Il ragazzo proseguì a passo svelto, mentre Carlotta
riuscì a raggiungerlo e a stargli dietro.
- Kamal, mi dispiace, sono stati dei cretini!
- Un ciula è stato, ciula e razzista!
- Ciula?!?
- Non è iraniano, ma torinese! Un ciula, un
cretino!
- Hanno sbagliato, non sei un terrorista!
Il ragazzo si arrestò d’un tratto guardando
Carlotta negli occhi.
- Non sono nemmeno un islamico! Io sono un
musulmano, un musulmano!
- Hai ragione su tutto, ma che senso ha scappare?
Kamal, ascoltami, se scappi la dai solo vinta a quegli stupidi, è
questo che loro volevano, lo capisci? L’Italia è un paese
ipocrita, perché la gente dentro le proprie case è quello che non
mostra. Pensi che possiamo fare qualcosa scappando?
- Ah allora magari dici che domani dovrò tornare
lì e scrivere sui muri “terroni ladri”, magari capiscono cosa
significa sentirsi come mi sono sentito io oggi. Lasciami stare
Silvestro. Io non voglio scappare, voglio solo vivere la mia vita in
santa pace e soprattutto non ho bisogno di avvocati difensori, non
sono una vittima di nulla!
Così Kamal si allontanò lasciando lì Carlotta
senza parole. Intanto Enrico bussò alla porta di Laura, che aprì
sorpresa di quella visita.
- E tu che ci fai qui? – gli chiese
- Non lo so. – le rispose lui sconvolto
- Che succede, Enrico?
- Ho bisogno di fare una cosa. Non mi fare
domande, ti prego. So che mi perdonerai.
Ancora fuori dalla porta della stanza di lei Enrico
poggiò improvvisamente e inaspettatamente le sue labbra su quelle di
Laura gelando quel momento con un bacio.
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