La festa organizzata da Davide e Laura fu
un’occasione per tutti i ragazzi del corso di costruire nuove
simpatie e amicizie. La musica non era rimbombante e molti
predilessero due chiacchiere allo scatenarsi in pista. Così Enrico,
dj per una sera, ebbe anche il tempo di allontanarsi dalla consolle
per un cocktail. Canticchiava e danzava anche nel versare il drink
nel suo bicchiere.
Improvvisamente si voltò rovesciando il proprio
Brandy Manhattan sulla camicia del ragazzo che era dietro di
lui in attesa del suo di cocktail.
- Oh cazzo! – esclamò Enrico – Scusa, ho
combinato un disastro. Mi dispiace, aspetta prendo un fazzoletto.
- Dai non ti preoccupare. – rispose il ragazzo
cercando con la mano di far scivolare le gocce in terra – Diciamo
che Fabrizio Moro ti ha dato da ballare abbastanza stasera. -
sogghignò – Però era carino. – tossì – Si, il balletto, era
carino.
- Ah beh, dopo questa mi sa che devo dispiacermi
più per il brandy! – ribatté ironico Enrico
- Non lo so, ma la prossima volta che so che ci
sei anche tu porto un cambio d'abito con me. – sorrise
ironicamente il ragazzo allontanandosi dal tavolo delle bibite.
Enrico rimase qualche secondo immobile, colpito da
quell’ironia, quel modo di fare, da quell’incontro così strano e
inaspettato. I suoi pensieri furono interrotti però dall’avvicinarsi
di Davide.
- Henry io vado a casa.
- Cosa? Ma è appena mezzanotte e venti! Non hai
toccato cibo, ti ho visto bere solo una coca cola, nemmeno un salto
in pista, ma che hai?
- Ma che fai mi controlli? Lo sai che non mi
piace ballare e poi sono stanco, ho già salutato Laura. Mi ha detto
che non c’è bisogno di aiutarla a rimettere apposto che domani
c’è la signora delle pulizie, quindi quando sei stanco vai via
anche tu senza problemi.
- Davide, ma siamo venuti insieme con la mia
macchina …
- Si, ma me ne torno a piedi, faccio due passi.
E’ una bella serata.
- E’ per Emma, vero? Sei preoccupato per lei,
ma che palle. Ancora deve tornare e già dà problemi. Emma, Emma,
Emma. Ti sei rovinato la serata per colpa sua.
- Henry, Emma è una mia amica, doveva tornare
oggi dopo sei mesi che non la vedo e non ho sue notizie da ieri.
Sono preoccupato per lei e mi pare pure normale, no? Mi sa che sei
un po’ troppo egoista e geloso, signor Passinetti.
- Io sarei egoista? E tu che stai lasciando sola
Laura in una cosa che avete organizzato insieme, non sei egoista?
- E da quando in qua a te interessa di Laura?
- Vaffanculo, Davide! – sussurrò a denti
stretti Enrico tenendo i propri occhi sgranati in quelli dell’amico
per poi allontanarsi
Davide lasciò così l’abitazione di Laura
preoccupato per Emma tanto quanto per lo sfogo di Enrico. Quel
settembre era afoso, le serate erano ancora dipinte di un caldo
torrido; non c’era un filo di vento quella sera, le stelle
coloravano il cielo e il ragazzo ne approfittò per scappare qualche
minuto dal mondo, rifugiandosi sul tetto della mansarda che ospitava
la sua cameretta, come era solito fare quando Emma lo andava a
trovare. Era il modo per entrambi di sentirsi più vicini a quelle
stelle, di custodire in ognuna di esse un loro pensiero, una loro
speranza, un loro desiderio. Era con gli occhi rivolti verso il cielo
quando improvvisamente udì dei passi provenienti dalle scale che
conducevano al tetto. Chiuse, incurante, gli occhi cercando di
allontanare le proprie preoccupazioni.
- Aspetti che scoppino le stelle? – si udì
d’un tratto
- Emma! – aprì di scatto gli occhi il ragazzo
riconoscendo la voce dell’amica e tirandosi lentamente su
- Piano che cadiamo entrambi … - sorrise lei –
Ero sicura di trovarti qui!
- Mi hai fatto preoccupare! – sussurrò Davide
abbracciandola forte – Ma che fine hai fatto?
- Arrivata a Roma avevano annullato il volo per
Napoli, uno sciopero. C’era un caos totale in aeroporto e poi mi
si è scaricata anche la batteria del cellulare. Sono dovuti venire
i miei a prendermi in auto, è stato uno stress tremendo anche per
loro. Comunque finalmente ce l’ho fatta a tornare, sana e salva.
Tu come stai? – chiese poi la ragazza accovacciandosi sul tetto -
Pensieroso ancora per Caterina?
Davide si arrestò qualche secondo lasciando i suoi
occhi fissi in quelli di Emma per poi risponderle.
- No. Sto imparando a dimenticarla. Non ho più
pensieri per lei, non ho più rancore, rimorso, non sento più il
bisogno di lei. Sai cosa c’è, Emma?
- Cosa Colby? – domandò lei sorridendo
Davide ed Emma erano soliti appellarsi con i nomi
dei personaggi del loro telefilm preferito, Sam&Colby.
Prima che lei partisse trascorrevano i lunedì sera insieme, nel
lettone di lui, davanti alla televisione cibandosi delle avventure
dei due protagonisti e da quando lei era volata a Madrid Davide aveva
sempre rifiutato di vederlo, promettendosi che avrebbero ricominciato
insieme da dove avevano lasciato.
- Si cresce, Sam, fortunatamente si cresce. -
sospirò Davide - La vita va avanti e le cose cambiano...è
inevitabile che le cose cambino! Vivere è divenire e non si può
controllare gli eventi. Quando cresci capisci che non devi abituarti
al dolore, ma alzarti, combattere per superarlo senza tenerlo vivo
in un angolino di te stesso e poi magari rischiare che risalga a
galla quando meno te lo aspetti.
- E come si fa a non abituarsi al dolore? –
chiese allora lei - Se senti dolore devi superarlo in qualche modo,
e superarlo non significa sconfiggerlo ma solo provare a non
sentirlo. Questo puoi farlo solo dimenticando e se non ci riesci,
allora, l’unica soluzione che ti resta è abituartici, altrimenti
si rischia di non vivere, di rimanerne intrappolati.
- Sento che sto cambiando e se prima fingevo che
fosse normale, ora non riesco a non percepire la mia malinconia, la
mia solitudine.
- Non sei solo! – gli prese lei le mani
- La solitudine è una condizione che scegli, ma
perché non puoi fare altro. E’ vero. Mi guardo intorno. Ci sei
tu, Carlotta, Enrico, ora Laura, un tempo Caterina, ma l’avere
persone intorno prescinde dal sentirsi soli. Si è soli con se
stessi, con quella parte di noi che non riusciamo a tirare fuori,
come se ci guardassimo dall’esterno consapevoli che quello che
stiamo guardando non siamo davvero noi e sempre da lontano ci
gridiamo: “Stupido, che fai? Perché non agisci come faresti
davvero?”.
- Non è semplice riuscire a mostrarci per quello
che siamo davvero. Nessun essere umano è pronto a regalare le
proprie debolezze così, da un giorno all’altro.
- Mi sei mancata, Emma, mi sei mancata da morire!
– l’abbracciò ancora lui
- Mi sono sempre chiesta come tu potessi stare …
- Ora … sto quasi bene.
0 commenti:
Posta un commento