venerdì 20 settembre 2013

Episodio Sei - Sto quasi bene



La festa organizzata da Davide e Laura fu un’occasione per tutti i ragazzi del corso di costruire nuove simpatie e amicizie. La musica non era rimbombante e molti predilessero due chiacchiere allo scatenarsi in pista. Così Enrico, dj per una sera, ebbe anche il tempo di allontanarsi dalla consolle per un cocktail. Canticchiava e danzava anche nel versare il drink nel suo bicchiere.

- Voglio sentirmi libero da questa onda, libero dalla convinzione che la terra è tonda, libero, libero davvero non per fare il duro, libero, libero dalla paura del futuro.

Improvvisamente si voltò rovesciando il proprio Brandy Manhattan sulla camicia del ragazzo che era dietro di lui in attesa del suo di cocktail.

- Oh cazzo! – esclamò Enrico – Scusa, ho combinato un disastro. Mi dispiace, aspetta prendo un fazzoletto.
- Dai non ti preoccupare. – rispose il ragazzo cercando con la mano di far scivolare le gocce in terra – Diciamo che Fabrizio Moro ti ha dato da ballare abbastanza stasera. - sogghignò – Però era carino. – tossì – Si, il balletto, era carino.
- Ah beh, dopo questa mi sa che devo dispiacermi più per il brandy! – ribatté ironico Enrico
- Non lo so, ma la prossima volta che so che ci sei anche tu porto un cambio d'abito con me. – sorrise ironicamente il ragazzo allontanandosi dal tavolo delle bibite.

Enrico rimase qualche secondo immobile, colpito da quell’ironia, quel modo di fare, da quell’incontro così strano e inaspettato. I suoi pensieri furono interrotti però dall’avvicinarsi di Davide.

- Henry io vado a casa.
- Cosa? Ma è appena mezzanotte e venti! Non hai toccato cibo, ti ho visto bere solo una coca cola, nemmeno un salto in pista, ma che hai?
- Ma che fai mi controlli? Lo sai che non mi piace ballare e poi sono stanco, ho già salutato Laura. Mi ha detto che non c’è bisogno di aiutarla a rimettere apposto che domani c’è la signora delle pulizie, quindi quando sei stanco vai via anche tu senza problemi.
- Davide, ma siamo venuti insieme con la mia macchina …
- Si, ma me ne torno a piedi, faccio due passi. E’ una bella serata.
- E’ per Emma, vero? Sei preoccupato per lei, ma che palle. Ancora deve tornare e già dà problemi. Emma, Emma, Emma. Ti sei rovinato la serata per colpa sua.
- Henry, Emma è una mia amica, doveva tornare oggi dopo sei mesi che non la vedo e non ho sue notizie da ieri. Sono preoccupato per lei e mi pare pure normale, no? Mi sa che sei un po’ troppo egoista e geloso, signor Passinetti.
- Io sarei egoista? E tu che stai lasciando sola Laura in una cosa che avete organizzato insieme, non sei egoista?
- E da quando in qua a te interessa di Laura?
- Vaffanculo, Davide! – sussurrò a denti stretti Enrico tenendo i propri occhi sgranati in quelli dell’amico per poi allontanarsi

Davide lasciò così l’abitazione di Laura preoccupato per Emma tanto quanto per lo sfogo di Enrico. Quel settembre era afoso, le serate erano ancora dipinte di un caldo torrido; non c’era un filo di vento quella sera, le stelle coloravano il cielo e il ragazzo ne approfittò per scappare qualche minuto dal mondo, rifugiandosi sul tetto della mansarda che ospitava la sua cameretta, come era solito fare quando Emma lo andava a trovare. Era il modo per entrambi di sentirsi più vicini a quelle stelle, di custodire in ognuna di esse un loro pensiero, una loro speranza, un loro desiderio. Era con gli occhi rivolti verso il cielo quando improvvisamente udì dei passi provenienti dalle scale che conducevano al tetto. Chiuse, incurante, gli occhi cercando di allontanare le proprie preoccupazioni.

- Aspetti che scoppino le stelle? – si udì d’un tratto
- Emma! – aprì di scatto gli occhi il ragazzo riconoscendo la voce dell’amica e tirandosi lentamente su
- Piano che cadiamo entrambi … - sorrise lei – Ero sicura di trovarti qui!
- Mi hai fatto preoccupare! – sussurrò Davide abbracciandola forte – Ma che fine hai fatto?
- Arrivata a Roma avevano annullato il volo per Napoli, uno sciopero. C’era un caos totale in aeroporto e poi mi si è scaricata anche la batteria del cellulare. Sono dovuti venire i miei a prendermi in auto, è stato uno stress tremendo anche per loro. Comunque finalmente ce l’ho fatta a tornare, sana e salva. Tu come stai? – chiese poi la ragazza accovacciandosi sul tetto - Pensieroso ancora per Caterina?


Davide si arrestò qualche secondo lasciando i suoi occhi fissi in quelli di Emma per poi risponderle.

- No. Sto imparando a dimenticarla. Non ho più pensieri per lei, non ho più rancore, rimorso, non sento più il bisogno di lei. Sai cosa c’è, Emma?
- Cosa Colby? – domandò lei sorridendo


Davide ed Emma erano soliti appellarsi con i nomi dei personaggi del loro telefilm preferito, Sam&Colby. Prima che lei partisse trascorrevano i lunedì sera insieme, nel lettone di lui, davanti alla televisione cibandosi delle avventure dei due protagonisti e da quando lei era volata a Madrid Davide aveva sempre rifiutato di vederlo, promettendosi che avrebbero ricominciato insieme da dove avevano lasciato.

- Si cresce, Sam, fortunatamente si cresce. - sospirò Davide - La vita va avanti e le cose cambiano...è inevitabile che le cose cambino! Vivere è divenire e non si può controllare gli eventi. Quando cresci capisci che non devi abituarti al dolore, ma alzarti, combattere per superarlo senza tenerlo vivo in un angolino di te stesso e poi magari rischiare che risalga a galla quando meno te lo aspetti.
- E come si fa a non abituarsi al dolore? – chiese allora lei - Se senti dolore devi superarlo in qualche modo, e superarlo non significa sconfiggerlo ma solo provare a non sentirlo. Questo puoi farlo solo dimenticando e se non ci riesci, allora, l’unica soluzione che ti resta è abituartici, altrimenti si rischia di non vivere, di rimanerne intrappolati.
- Sento che sto cambiando e se prima fingevo che fosse normale, ora non riesco a non percepire la mia malinconia, la mia solitudine.
- Non sei solo! – gli prese lei le mani
- La solitudine è una condizione che scegli, ma perché non puoi fare altro. E’ vero. Mi guardo intorno. Ci sei tu, Carlotta, Enrico, ora Laura, un tempo Caterina, ma l’avere persone intorno prescinde dal sentirsi soli. Si è soli con se stessi, con quella parte di noi che non riusciamo a tirare fuori, come se ci guardassimo dall’esterno consapevoli che quello che stiamo guardando non siamo davvero noi e sempre da lontano ci gridiamo: “Stupido, che fai? Perché non agisci come faresti davvero?”.
- Non è semplice riuscire a mostrarci per quello che siamo davvero. Nessun essere umano è pronto a regalare le proprie debolezze così, da un giorno all’altro.
- Mi sei mancata, Emma, mi sei mancata da morire! – l’abbracciò ancora lui
- Mi sono sempre chiesta come tu potessi stare …
- Ora … sto quasi bene.

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